Appendice: come si risolve il paradosso di Ehrenfest del disco rotante
Il paradosso di Ehrenfest: una panoramica (secondo ChatGPT 5.1 Thinking)
In termini semplici, il paradosso di Ehrenfest afferma:
Se prendi un disco “rigido” (nel senso classico) e lo metti in rotazione relativistica, la relatività speciale porta a una contraddizione apparente tra:
- la geometria euclidea, che impone C = 2πR;
- e la contrazione di Lorentz applicata solo alla circonferenza (ma non al raggio).
Questa “contraddizione” mostra due fatti fondamentali:
- i corpi perfettamente rigidi non possono esistere in relatività speciale;
- lo “spazio proprio” di osservatori in rotazione non è euclideo.
Di seguito presento il ragionamento passo per passo.
1. Il setup del paradosso
Consideriamo un disco:
- inizialmente in quiete in un sistema inerziale (il laboratorio);
- con raggio a riposo R0 e circonferenza a riposo C0 = 2πR0.
Ora:
- mettiamo il disco in rotazione uniforme con velocità angolare ω;
- al bordo del disco la velocità tangenziale è v = ωR, con v relativistica.
L’ipotesi implicita di Ehrenfest (1909) è che il disco sia un corpo rigido: le distanze fra i punti del disco restano le stesse in ogni fase del moto.
2. L’argomento di Ehrenfest nel sistema inerziale
Nel sistema inerziale del laboratorio, dopo che il disco ha raggiunto la rotazione uniforme, Ehrenfest ragiona come segue:
-
I punti sul bordo si muovono tangenzialmente con velocità v. Qualunque “segmento” di materiale tangente alla circonferenza è quindi in moto rispetto al laboratorio.
-
La relatività speciale afferma che una lunghezza in moto uniforme rispetto a un sistema inerziale, misurata in quel sistema, è contratta di Lorentz lungo la direzione del moto:
Llab = L0 / γ, con γ = 1 / √(1 - v²/c²).
-
Se immaginiamo la circonferenza formata da molti piccoli segmenti (o “aste”) tangenziali, ciascuno di lunghezza propria L0:
- nel laboratorio la loro lunghezza è L0 / γ;
- quindi la circonferenza totale misurata nel laboratorio dovrebbe risultare:
Clab = N (L0 / γ) = C0 / γ.
-
Il raggio del disco è ortogonale alla direzione del moto: i segmenti radiali non hanno velocità lungo la loro lunghezza, quindi non subiscono contrazione di Lorentz lungo la direzione radiale. Ehrenfest assume quindi:
Rlab = R0.
Da questi punti, sembrerebbe che nel laboratorio valga:
Clab/Rlab = (C0 / γ) / R0 = (2πR0 / γ) / R0 = 2π / γ < 2π ,
in contrasto con la geometria euclidea, che per un cerchio in uno spazio euclideo richiede:
C / R = 2π.
Il paradosso, nella formulazione originale, può quindi essere enunciato così:
Un disco rigido ruotante, visto dal laboratorio, sembrerebbe avere C / R < 2π per via della contrazione di Lorentz sulla circonferenza, ma la geometria euclidea impone C / R = 2π. Come è possibile?
3. Cosa mette realmente in crisi il paradosso
Da questo ragionamento emergono due tensioni concettuali fondamentali:
-
Rigidità classica vs relatività
Il disco è trattato come un corpo rigidamente indeformabile, ma la relatività speciale non permette la rigidità istantanea:
- segnali e forze non possono propagarsi più velocemente di c;
- “girare” un corpo intero mantenendo fisse tutte le distanze è incompatibile con la causalità relativistica.
-
Geometria euclidea vs moti non inerziali
Si assume che lo spazio “a un dato istante” per chi ruota sia ancora euclideo con C = 2πR, ma per osservatori in moto rotazionale la geometria dello “spazio proprio” è più sottile:
- il loro congruente di 4-velocità ha vorticità;
- le loro “sezioni spaziali proprie” risultano descritte da una metrica non-euclidea.
4. La risoluzione moderna (a grandi linee)
La risoluzione standard del paradosso di Ehrenfest si articola essenzialmente in due punti principali.
4.1. Non esistono dischi “rigidi” in senso newtoniano
Quando acceleriamo il disco da riposo alla rotazione:
- non possiamo mantenere la distanza tra i punti costante in ogni istante per tutto il corpo;
- sorgono tensioni interne e deformazioni:
- i raggi possono allungarsi o accorciarsi;
- la distribuzione delle lunghezze proprie sul bordo cambia;
- si generano sforzi tangenziali molto grandi (hoop stresses).
In altre parole: se rifiutiamo qualsiasi deformazione, stiamo imponendo una rigidità che è incompatibile con la relatività speciale. L’ipotesi di Ehrenfest di un disco “rigido-ideale” porta quindi naturalmente a un paradosso.
4.2. Lo spazio proprio degli osservatori rotanti è non-euclideo
Consideriamo ora lo stesso problema dal punto di vista di osservatori solidali al disco (cioè in rotazione con esso). La descrizione standard in coordinate rotanti porta a una metrica spaziale del tipo:
dl² = dr² + [r² / (1 - ω² r² / c²)] dϕ'² + dz²,
da cui segue che:
-
la lunghezza della circonferenza misurata da osservatori co-rotanti è:
Crot = ∫02π [r / √(1 - ω² r² / c²)] dϕ' = 2πr / √(1 - ω² r² / c²);
-
il raggio proprio misurato radialmente è:
Rrot = ∫0R dr = R.
Quindi:
Crot / Rrot = 2π / √(1 - ω² R² / c²) > 2π.
Questo implica che:
- per gli osservatori in rotazione, lo “spazio” in cui vivono non è euclideo: la geometria è tale che i cerchi hanno C / R > 2π;
- il paradosso scompare, perché non si tenta più di mantenere simultaneamente:
- la rigidità classica;
- e la geometria euclidea per il sistema rotante.
5. Collegamento sintetico
Alla luce di quanto esposto, il contenuto essenziale del paradosso di Ehrenfest è il seguente:
-
Nel laboratorio (inerziale) lo spazio resta euclideo e si può sempre scrivere Clab = 2πR. Non è necessario applicare la contrazione di Lorentz alla “figura geometrica” del cerchio, ma solo alle lunghezze di oggetti che si muovono.
-
Nel sistema rotante, se definiamo correttamente lo “spazio fisico” degli osservatori in rotazione, otteniamo una geometria non-euclidea con Crot / Rrot > 2π.
-
L’errore concettuale di fondo consiste nel tentare di descrivere un disco rotante relativistico come se fosse un solido rigido classico in uno spazio euclideo invariabile.
In una frase:
Il paradosso di Ehrenfest mostra che un disco rigido in rotazione è incompatibile con la relatività speciale: o si rinuncia alla rigidità, o si rinuncia alla geometria euclidea per il sistema rotante. La soluzione moderna è riconoscere che nessun corpo è rigidamente indeformabile e che lo spazio proprio degli osservatori rotanti è non-euclideo.
> La questione della rigidità del disco in moto costante
Se il disco è già in rotazione relativistica stabile e costante (cioè ignoriamo la fase di accelerazione iniziale) i punti del disco mantengono la distanza tra loro in modo costante?
Rotazione relativistica di un disco e distanze tra i punti
Dipende in modo cruciale da che cosa intendi per “distanza” e da come è realizzato fisicamente il disco.
Riassunto:
-
Nel sistema di riferimento del laboratorio, se il disco è in rotazione uniforme stazionaria, le distanze tra i punti (coordinate spaziali a tempo
tcostante) sono effettivamente costanti nel tempo. -
Nel senso relativistico rigoroso (Born-rigidità), una rotazione uniforme con
ω = costantepuò realizzare una configurazione in cui le distanze proprie locali tra punti materiali restano costanti; ma questo richiede stress interni permanenti ed è incompatibile con una fase precedente di quiete senza deformazione. - Se il disco è “materia libera” (tipo polvere senza coesione), le distanze tra i punti non restano costanti: la rotazione non è un equilibrio, il sistema si espande o si disgrega.
Ti separo i casi.
1. Distanze viste dal laboratorio
Usiamo coordinate cilindriche inerziali (t, r, φ, z), con metrica spaziale euclidea a t = costante:
dl² = dr² + r² dφ² + dz².
Consideriamo un disco che ruota uniformemente:
r = costante, φ(t) = ω t + φ0, z = 0.
Se prendi due punti materiali del disco con coordinate iniziali (r1, φ1,0) e (r2, φ2,0), nel laboratorio:
φ1(t) = ω t + φ1,0, φ2(t) = ω t + φ2,0.
La differenza di angolo è:
Δφ(t) = φ2(t) - φ1(t) = φ2,0 - φ1,0 = costante.
La distanza spaziale euclidea tra i due punti, a tempo t fissato, è:
d² = r1² + r2² - 2 r1 r2 cos(Δφ(t)).
Poiché Δφ(t) è costante, anche d è costante nel tempo. Quindi:
Nel sistema inerziale del laboratorio, un disco in rotazione uniforme stazionaria ha le distanze tra i punti che restano costanti nel tempo
(in senso puramente geometrico euclideo a t = costante).
Questa è una constatazione puramente cinematica.
2. Distanze nel senso relativistico (Born-rigidità)
In relatività, la nozione di “rigido” è più fine. Dato il campo di 4-velocità dei punti del disco uμ(x), si proietta il gradiente
∇μ uν nel sottospazio ortogonale a uμ:
hμν = gμν + (uμ uν / c²),
e si definisce il tensore di deformazione (expansion + shear):
θμν = hμα hνβ ∇(α uβ).
La condizione di Born-rigidità è:
θμν = 0.
Interpretazione: le distanze proprie locali tra worldline vicine, misurate nello spazio istantaneo ortogonale a uμ, non cambiano con il tempo proprio.
Per una rotazione uniforme con velocità angolare costante ω, il campo di 4-velocità può essere scritto (in coordinate cilindriche inerziali):
uμ = γ (1, 0, ω, 0), γ = 1 / sqrt(1 - ω² r² / c²).
Questo congruente ha:
- espansione nulla,
- shear nullo,
- vorticità non nulla.
Quindi rappresenta proprio un moto Born-rigido: le distanze locali tra punti materiali comoventi, nel senso proprio relativistico, sono costanti nel tempo proprio.
La sottigliezza è che:
- c’è vorticità, quindi non esiste una famiglia globale di ipersuperfici spaziali tutte ortogonali a
uμ; - puoi definire distanze locali in uno “spazio dei punti del corpo” (la “varietà materiale”), ma il modo in cui questo spazio si immerge nello spazio-tempo Minkowskiano è non banale (da qui la non-euclideità dello spazio proprio per gli osservatori co-rotanti).
Ma la risposta tecnica alla tua frase è:
Se per “rotazione relativistica stabile e costante” intendi un moto aω = costanteche soddisfa la condizione di Born-rigidità, allora sì: i punti del disco mantengono le distanze proprie locali costanti (e nel laboratorio le distanze euclidee a tempotcostante sono anch’esse costanti).
3. Condizione: stress interni e impossibilità di “accendere” la rotazione rigidamente
Quello che non è possibile (e qui entra Ehrenfest) è:
- partire da un disco in quiete, senza stress,
- portarlo in rotazione uniforme relativistica,
- e pretendere che le distanze proprie tra tutti i punti restino le stesse di prima durante tutta la storia.
Il teorema di Herglotz–Noether mostra che:
- i moti Born-rigidi sono altamente vincolati;
- una rotazione Born-rigida con
&omegacostante può esistere come moto stazionario, - ma non puoi, in generale, connettere in modo Born-rigido uno stato di quiete e uno stato di rotazione.
In pratica:
- la configurazione “disco in rotazione uniforme relativistica e Born-rigido” è possibile come stato stazionario, ma
- richiede stress interni permanenti (tensioni tangenziali, ecc.),
- e non è raggiungibile da uno stato di quiete senza che si sviluppino deformazioni.
4. Conclusione
Se la frase la leggi così:
“Dato un disco già in rotazione relativistica stazionaria, con moto Born-rigido, i punti del disco mantengono la distanza tra loro in modo costante nel tempo”.
Allora sì, è corretta, con le precisazioni:
- nel laboratorio, le distanze geometriche a
t = costantesono costanti; - nel senso di Born-rigidità, le distanze proprie locali tra worldline vicine sono costanti nel tempo proprio;
- ma questa configurazione implica un campo di stress interni non banale, e non può essere ottenuta da uno stato di quiete mantenendo sempre la “rigidità” nel senso classico.
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