19 - L'anomalia del momento magnetico dell'elettrone esteso

Come abbiamo mostrato nel post "L'interazione dell'elettrone con lo spazio vuoto" l'energia complessiva del modello esteso dell'elettrone, di massa misurata m, è definita dalla seguente relazione (vedi eq.18.11):
mc2=m0c2+eV/(1+2π/α)
dove m0c2 è l'energia di massa nuda* mentre eV/(1+2π/α) è l'energia del campo e.m. in interazione col vuoto.
Si osservi che possiamo riscrivere la relazione precedente anche nel modo seguente:
mc2=m0c2(1+1/(1+2π/α))     (19.1)
essendo ømI=m0c2 e ømI=eV (vedi la eq.3.2 e la eq.10.9) e quindi eV=m0c2.

Tuttavia, tornando ai concetti che abbiamo introdotto nel post "Perché un modello esteso dell'elettrone", ciò forse significa che l'energia classica del campo elettrostatico E generato dalla carica elettrica pari a (vedi eq.1.1 e eq.1.3):
(1/2) ε0E2dV=e2/8πε0r
dove r è il raggio della carica, non sia stata considerata** nel computo dell'energia totale dell'elettrone?
Nota: ricordiamo che ciò significa che l'energia complessiva dell'elettrone col suo campo dovrebbe essere pari a mc2=m0c2+e2/8πε0r (vedi eq.1.4) tendendo ad infinito per r -> 0 (poiché la carica è puntiforme).
 
In realtà, nel nostro modello e.m. esteso, l'elettrone è per ipotesi descritto dal suo circuito elettrico equivalente (vedi il post "Il circuito e.m. equivalente del modello") quindi, come è stato mostrato nel post "L'interazione dell'elettrone con lo spazio vuoto", abbiamo seguito un persorso diverso per tenere conto dell'interazione della carica elettrica con lo spazio vuoto: abbiamo infatti assegnato all'elettrone una energia dovuta alla f.e.m. V pari a eV da cui segue (vedi eq.17.3)
mc2=m0c2+eV
dove mc2 è l'energia complessiva dell'elettrone in assenza della interazione col vuoto. Mentre l'energia di campo eV quando l'elettrone interagisce con lo spazio vuoto (vedi eq.18.12 del post precedente) si riduce a
eV/(1+2π/α)     (19.2)
dove α è la costante adimensionale di struttura fine (pari a circa 1/137) e quindi (vedi eq.18.11):
mc2=m0c2+eV/(1+2π/α).

Mostriamo ora come la massa misurata dell'elettrone, costituita come abbiamo visto dalla massa nuda più il contributo dovuto all'energia del campo e.m. (così come indicato dalla eq.19.1), determini quella che viene definita come l'anomalia del momento magnetico, che nel modello esteso può essere facilmente calcolata e interpretata come segue.

Ricordiamo infatti che nel post "Il momento magnetico dell'elettrone esteso" abbiamo ricavato il valore del momento magnetico µ in funzione della massa nuda m0 (vedi eq.3.8):
µ=eh/4πm0
e quindi sostituendo il valore di m0 calcolato in funzione della massa misurata cioè m0=m/(1+1/(1+2π/α)) (vedi eq.19.1) segue subito:
µ=(eh/4πm)(1+1/(1+2π/α))     (19.3)
dove α=e2/(2hε0c) è la costante adimensionale di struttura fine (α≈1/137).

Se infine poniamo µB=(eh/4πm) (magnetone di Bohr) e introduciamo il fattore g (detto fattore di Landé) in modo che valga la seguente equivalenza
1/(1+2π/α)=(g-2)/2     (19.4)
si può riscrivere la relazione precedente (eq.19.3) come:
µ=µB(1+(g-2)/2)=µB(g/2)     (19.5)
dove il termine
(g-2)/2=1/(1+2π/α)=(α/2π)/(1+α/2π)     (19.6)
rappresenta l'anomalia del momento magnetico che è perciò dovuta al campo e.m. in interazione dell'elettrone (eq.19.2).
Nota: nella eq.19.6 abbiamo semplicemente moltiplicato numeratore e denominatore di 1/(1+2π/α) per il termine α/2π.

Inoltre essendo (α/2π)<1 l'anomalia magnetica può essere espressa come una serie infinita di potenze a segno alterno:
(g-2)/2=(α/2π)-(α/2π)2+(α/2π)3-(α/2π)4+....     (19.7)
Nota: come è noto x/(1+x) è sviluppabile in serie di Mac Laurin e converge in -1<x<1, allora per x=(α/2π)<1 segue la eq.19.7.

Questa relazione può essere confrontata con quella derivata dalla QED calcolata al quarto ordine, il cui valore una volta rinormalizzato (dato che la serie originale diverge)*** è praticamente identico al valore sperimentale:
(g-2)/2=(α/2π)-1,3(α/2π)2+9,4(α/2π)3-12,8(α/2π)4+...     (19.8)
da cui per confronto con la eq.19.7 si evidenzia un buon accordo con la relazione derivata dal modello.
Più precisamente il valore calcolato dal modello esteso evidenzia una differenza col dato sperimentale (misurato fino alla dodicesima cifra decimale!), a partire dalla quinta cifra decimale con un errore pari a circa +4 parti su 107.
Nota: per semplicità nella eq.19.8 abbiamo mostrato i coefficienti di (α/2π)n con la sola prima cifra decimale.

Al fine di migliorare questo risultato, potremmo forse supporre (nello spirito del modello) che abbiamo presumibilmente trascurato l'interazione dell'elettrone con una ulteriore impedenza in parallelo che rappresenterebbe un elemento di realtà fisica che non è stato considerato (impedenza dovuta forse all'inevitabile interazione del processo di misurazione?).
Questa nuova impedenza in parallelo dovrebbe diminuire il valore dell'anomalia (eq.19.6) avvicinandola al valore misurato.

(*) Con massa nuda intendiamo la massa dell'elettrone priva del suo campo e.m. il quale, come vedremo nel post "La stabilità e.m. del modello esteso", serve proprio a mantenere stabile la configurazione e.m. del modello esteso.
(**) Come descritto nel post "La divergenza "discreta" del modello esteso" l'interazione elettrica si propaga nel vuoto esclusivamente lungo l'asse di simmetria del modello (centrato sulla carica elettrica), perciò l'integrale (1/2) ε0E2dV che definisce l'energia del campo elettrostatico, calcolato sul volume di spazio risulterebbe pari a 0.
(***) In realtà anche la serie rinormalizzata diverge tuttavia, se consideriamo solo i primi termini di questa serie, la loro somma coincide in modo sorprendente col dato sperimentale.

[Per i valori aggiornati delle costanti fisiche e quello dell'anomalia del momento magnetico vedi il Particle Data Group]

NB: le equazioni sono indicate col numero di post e di formula: ad esempio (1.2) indica il post n.1 e la formula n.2.

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